Monica Tomagnini: Genitori separati Figli divisi

Separare in greco si dice κρίνω (κρίσις). Questo termine originariamente apparteneva al linguaggio rurale, separare la pula dalla paglia durante la trebbiatura. Attraverso un processo metaforizzazione,  assume nel Novecento il significato esistenziale e psiologicodi turbamento, sconvolgimento, incrinatura. Così la parola si collega alla dimensione temporale, indicando uno stato di  non più e  non ancora.

Di fatto, in psicoanalisi le dinamiche relative alla relazione con gli oggetti, alla loro assenza momentanea o definitiva, assumono un’importanza centrale nello sviluppo del mondo interno e nell’evoluzione psichica del soggetto. Osservata dal punto di vista dei piccoli di casa, la separazione dei genitori, determina nei figli, emozioni e reazioni molto profonde, anche se in un primo tempo possono non risultare evidenti; mette in gioco stati emotivi che richiedono la comprensione degli adulti che sono in intimità con il bambino, altrimenti questo avvenimento può diventare traumatico.

La separazione coniugale per i “figli rappresenta un attacco alla propria sicurezza, al bisogno profondo, iscritto nella memoria della specie, di crescere accuditi da adulti stabili, capaci di attaccamento e dedizione nei confronti della prole”(Vegetti Finzi S. 2005). Si potrebbe dire che la struttura triangolare della famiglia- padre, madre, figlio- costituisca un fantasma originario iscritto nella psiche, che struttura il soggetto dandogli  una posizione all’interno della trama di relazioni e  narrazioni.

La separazione mette in discussione un fondamento inciso nella mente di ciascuno di noi fin dalla nascita e ci impegna nel difficile compito di immaginarci inscritti in configurazioni diverse, più precarie. Questo é uno dei motivi che rende la separazione dei genitori una esperienza “perturbante”, capace di suscitare angosce e ansie profonde, poiché trasforma gli elementi inconsci che sono all’origine della strutturazione della soggettività.

Del resto, la parola greca διάβαλλω – separare, mettere in discordia- sottolinea l’accezione di varcare un confine e possiede un alone semantico perturbante e terrificante, da questa radice deriva la parola diavolo. Nell’origine della parola separare è presente, quindi il rimando ad esperienze oscure e mitiche capaci di destabilizzare mettendo in contatto con aree che esulano dalla vita concreta usuale. In opposizione abbiamo la parola συμβάλλω-simbolo- che significa riunire due parti separate dando un significato nuovo.

La rottura delle relazioni familiari rappresenta una lacerazione che può avere conseguenze negative, non tanto legate alla separazione in sé, quanto a conflitti irrisolti di cui la separazione é una conseguenza. Gli avvenimenti che determinano esperienze di separazione generano vissuti molto forti spesso traumatici  poiché  rievocano nell’inconscio tanti strappi precedenti, tante caesure, direbbe Bion: il parto, lo svezzamento, la prima sensazione che la mamma non c’é. L’angoscia dell’abbandono è presente nella mente infantile, ed è raccontata in modo esemplare nelle favole, basta pensare al prologo della fiaba di Pollicino, o alla descrizione del bacio della buona notte di Proust.

Nel corso delle separazioni deve essere considerato anche lo stadio evolutivo del figlio, poiché in fasi differenti dello sviluppo si attivano dinamiche consce ed inconsce diverse. Nei primi tre anni la risposta emotiva ad un disagio psichico tende ad essere somatica; nelle fasi successive la separazione si incrocia con i vissuti e le difese prima edipiche poi della fase di latenza. In pre-adolescenza e in adolescenza le vicissitudini legate alla separazione si intersecano con la strutturazione dell’identità personale e sessuale e con la posizione del soggetto all’interno della trama trans-generazionale. Data la relazione strutturante che i figli hanno con la madre e con il padre, la separazione dei genitori non rappresenta un evento solo esterno; il distacco da loro entra in contatto con l’inconscio e genera dinamiche profonde, come sottolinea Francoise Dolto.

Durante una separazione è necessario, quindi, una comprensione dei vissuti dei bambini che tenga conto delle loro dinamiche inconsce e della relazione proiettiva che  i figli hanno con i loro genitori e questi con loro. La separazione coniugale è un fenomeno molto diffuso, ma  storicamente recente. Questa esperienza esistenziale nuova, rispetto a schemi tradizionali in atto da secoli, ha impedito una ritualizzazione dei vissuti esperenziali e una elaborazione simbolica all’interno delle trame narrative fin ad ora attive.

Non esistono fiabe o miti che possano essere d’aiuto a chi vive una separazione e che permettano una lettura del proprio vissuto in trasparenza elaborando indirettamente elementi inconsci, sovra individuali e trans culturali. Non esistono canovacci o trame culturali che rappresentano direttamente o indirettamente questa esperienza, permettendo di pensarla e di elaborarla individualmente, all’interno di un ordine simbolico condiviso da generazioni. Ai figli dei separati manca cioè una cultura della separazione familiare, un insieme di trame che li orientino, li sostengano e prevedano un lieto fine delle loro storie, come nelle fiabe. La narrazione ha la capacità di dar forma alle esperienze, contenere le emozioni vissute, produrre legami ulteriori che non sono direttamente afferrabili da chi è dentro la storia.

La Consultazione Partecipata, risponde a questo bisogno di ritualizzazione creando una trama narrativa condivisa. Durante gli incontri si narrano i vissuti emotivi del momento rappresentati e  raffigurati indirettamente nella forma tipica dei bambini e dei ragazzi, per trovare aspetti inediti ed elaborare dinamiche inconsce, che altrimenti resterebbero informi, a livello pre-rappresentativo. Tutto questo confluisce in un comune terreno di esperienza e di comunicazione, che crea una struttura su cui si possono costruire nuovi rapporti dopo la fine di quelli precedenti.

 I figli durante la separazione possono sentire di subire una doppia perdita, quella della presenza continuativa di un genitore e quella di uno status personale, essere figlio di una coppia. La crisi della propria famiglia può generare una perdita di alcuni aspetti dell’identità personale dei figli.

Vi sono delle condizioni che possono favorire la trasformazione della separazione in una situazione traumatica per i minori coinvolti. Una condizione è legata alla personalità dei genitori e alla storia della coppia. Ogni separazione è preceduta da una crisi del nucleo familiare, che ha una durata ed un esordio variabile. Le separazioni impreviste sono difficili da elaborare, ma lo sono altrettanto il cronico deterioramento delle relazioni familiari. Rivestono una grande importanza anche la modalità in cui avviene la separazione e il ruolo che in essa viene fatto assumere ai figli, che possono diventare uno strumento di rivendicazione all’interno del procedimento giudiziario. È molto importante, anche la posizione che assumono gli avvocati ed i periti e la modalità che essi scelgono per portare avanti la causa di separazione.

” Se gli avvocati ed i periti entrano nel gioco soltanto come controfigure dei rispettivi clienti, inevitabilmente si troveranno a sostenere l’inevitabile conflitto. Se, al contrario, si assumono la responsabilità di orientarne le scelte e le soluzioni in uno spirito di onesta ricerca e secondo criteri di ragionevolezza, possono favorire una pacata risoluzione della vertenza” (Brutti 1986)

 La Consultazione partecipata è una metodologia, che può essere utilizzata molto efficacemente anche durante gli incarichi che il tribunale dà a consulenti tecnici. Le attività peritali, rappresentano motivo di ansia sia per gli adulti che per i minori, avvengono per lo più in momenti difficili della separazione e riguardano aspetti che sono al centro di forti conflitti. Gli adulti si sentono giudicati e criticati ed hanno paura che l’ex coniuge possa ottenere dei privilegi nella relazione con i figli accaparrandosi il loro amore. I figli si sentono spinti dentro il dibattito giudiziario relativo alla crisi di coppia che ha coinvolto i loro genitori. Le convocazioni del perito spezzano la barriera di negazione che alcuni figli hanno messo in atto di fronte alla rottura della vita familiare. Gli equilibri precedenti, anche se sofferti vengono rimessi in discussione, generando nuove emozioni e nuove alleanze.

È nelle separazioni difficili che si ricorre ad un arbitro autorevole: tribunale, C.T.U, che definisca con regole precise la modalità della separazione stessa nei confronti dei figli. Il fuori  -tribunale, perito- cerca di organizzare e strutturare il dentro- il nucleo familiare. Però nelle situazioni di separazione il fuori non è altro che la cornice di quanto é dentro, così la buona riuscita delle relazioni tra genitori e figli non può dipendere dall’applicazione di rigidi schemi, ma dalla capacità di illuminare gli elementi inconsci e i fraintendimenti che la separazione ha stimolato nei componenti del nucleo familiare. Nelle perizie è necessario che tra i vari esperti si crei l’atmosfera di un gruppo di lavoro evitando che si ripetano, anche in quest’ambito, i conflitti e le rappresaglie che condizionano le comunicazioni e le relazioni tra gli ex coniugi e spesso anche tra i rispettivi avvocati.

È utile, quindi, nel corso di una consulenza tecnica, valersi di un metodo che non risulti traumatico, ma che permetta di osservare i funzionamenti psichici e le relazioni tra adulti e minori, focalizzando gli aspetti relativi alla situazione attuale, andando oltre gli avvenimenti passati che sono stati all’origine della separazione. La consultazione partecipata risponde a queste caratteristiche e permette attraverso l’osservazione di focalizzare gli elementi inconsci e i fraintendimenti che sono all’origine del disagio attuale.

Una delle situazioni difficili che si trova a dover esaminare un perito d’ufficio è relativa ad un minore che vuole interrompere le relazioni con un genitore. In generale questa richiesta viene effettuata da minori che vanno dai sette ai sedici anni. Mi sono trovata a dovermi interrogare su richieste di sospensione della relazione con un genitore sia come perito sia come terapeuta. In entrambi i casi era difficile comprendere, al di là, dei motivi contingenti riportati dai minori, quali funzionamenti inconsci scatenassero la chiusura totale delle relazioni ed il conseguente atteggiamento di indifferenza e di freddezza verso un genitore con il quale avevano avuto in passato rapporti magari difficili, ma comunque emotivamente intensi.

 Prenderò ad esempio la situazione presente in una Consulenza tecnica d’ufficio relativa ad un ragazzino di 13 anni, Francesco. Nella perizia sono stati utilizzati colloqui di consultazione partecipata in accordo con i periti di parte ed il magistrato. I colloqui di consultazione sono stati effettuati solo dal perito d’ufficio e sono stati registrati per il magistrato ed i periti di parte.

Francesco, dopo un primo periodo successivo alla separazione in cui aveva regolarmente frequentato la madre, si era poi ritirato in una posizione di totale rifiuto della relazione con lei. Questa situazione aveva portato a vari interventi del magistrato e dei servizi sociali. Quello che nella consulenza è apparso subito strano era il passaggio difficilmente comprensibile tra un iniziale atteggiamento di affetto  nei rapporti con la madre ed il successivo rifiuto di contatti, rifiuto determinato e freddamente distaccato.

Era possibile fare l’ipotesi che ciò fosse dovuto non tanto alla separazione in sé, ma a qualcosa che era avvenuto dopo la separazione, in rapporto ad alcuni comportamenti materni nei suoi confronti. Francesco, dopo la rottura tra i genitori, era l’unico membro della famiglia che aveva continuato ad avere rapporti con la mamma. I colloqui di Consultazione partecipata hanno permesso di osservare le dinamiche tra lui e la madre, ed hanno reso possibile a quest’ultima di comprendere come i rapporti con il figlio fossero difficili non per la separazione o per colpa degli altri membri della famiglia, ma per incomprensioni e fraintendimenti all’interno del suo rapporto con Francesco nella loro vita attuale. Dopo la separazione Francesco si é sentito abbandonato e totalmente frustrato nel rapporto con la madre, dominata dalla rabbia e dal dolore per la perdita della relazione con il primogenito e con l’ex coniuge. Questo ha fatto sentire Francesco non amato, fuori dalla mente e dagli interessi della madre.

A questa situazione intra psichica Francesco ha reagito attivando, come difesa estrema, la sparizione fantasmatica dell’oggetto vissuto come frustrante e sadico per il suo rifiuto ed abbandono. Questo sentimento è ben descritto in una riflessione di Pirandello.

Pirandello è in Germania ed apprende in ritardo la notizia della morte della madre: “Quando non lo sapevo, per quanto morta lei continuava ad essere viva in me. Al contrario è lei che non poteva più pensarmi e sono io allora quello che è morto, perché non sarò più nei suoi pensieri. Quindi la vera perdita è l’immagine di noi stessi presso la persona cara. Noi possiamo pensarla,ma non possiamo più essere pensati da lei. È come se morissimo noi, in quanto non c’è lei che ci pensa.”

Così durante una separazione da una relazione importante, si attivano varie dinamiche e meccanismi. Ne esiste una specifica, evidenziata da Fagioli, l’elaborazione della fantasia di sparizione contro la realtà esterna. La fantasia di sparizione permette il passaggio dal vissuto angosciante relativo alla propria morte, poiché l’altro non pensa più a me, ad una sparizione dell’oggetto vissuto come frustrante e sadico, annullando dentro di sé l’immagine dell’altro. Questo rovesciamento attiva una fantasia difensiva di sparizione dell’altro e genera sentimenti di vuoto e di indifferenza.

Per superare questa posizione interna è necessario che alla fantasia di sparizione si sostituisca un rifiuto senza sparizione ed annullamento dell’oggetto, un allontanamento mantenendo il legame con l’oggetto o con la sua immagine. È un po’ come se questi figli facessero sparire un genitore.  È necessario cioè che si riattivi nei confronti dell’oggetto una dinamica di ambivalenza.

Durante una separazione il disordine e l’indecifrabilità degli affetti possono comportare una frammentazione degli oggetti interni nel  mondo mentale dei bambini. Quando l’ambiente non è idoneo ma è dominato dall’instabilità il mondo interno è caratterizzato da un senso acuto di scissione e  persecutorietà. Gli oggetti non possono saldarsi agli affetti e rimangono transitori e precari. È necessario che la confusione e il vuoto vengano sostituiti dalla costanza degli oggetti interni. La costruzione di un mondo interno, capace di contenere simboli elaborati e modificabili, è possibile solo in presenza di adulti significativi che partecipano e sostengono questo difficile compito con le loro funzioni psichiche.

Quando questi funzionamenti psichici si attivano nel rapporto con i genitori è importante per superarli valersi di un lavoro psicologico che coinvolga non solo il figlio, ma anche il genitore “fatto sparire”.  È necessario che l’oggetto possa essere ritrovato realmente come nel gioco del rocchetto descritto da Freud e nei giochi infantili che sono strutturati attorno alla sparizione ed al ritrovamento come ad esempio “il rimpiattino”.

Utilizzando la Consultazione Partecipata è possibile osservare questa dinamica psichica ed iniziare a trasformarla. La Consultazione Partecipata è un metodo interessante che presenta un setting versatile utilizzabile in situazioni diverse.

Descriverò alcune vignette tratte dalla consultazione psicologica di una bambina con i genitori separati. Il lavoro che è stato effettuato ha la particolarità di aver aiutato questa famiglia ad elaborare un assetto relazionale senza che ci sia stato un intervento del tribunale e dei periti.

ALICE

Quando Alice  aveva tre anni è venuta in consultazione portata dalla madre, per un sintomo somatico.  Le caratteristiche della sua vita familiare hanno richiesto un setting particolare.

La madre ed il padre di Alice hanno convissuto insieme fino al settimo mese di gravidanza, si sono separati prima della nascita della bambina.  Sono tornati entrambi dalle proprie famiglie d’origine. Il genitori non si sono mai rivolti né ad un avvocato né ad un giudice per accordarsi sulle visite o sul mantenimento della figlia. Il padre vedeva Alice in modo discontinuo, senza un ritmo definito, sempre in presenza della madre o della nonna. Alice si rifiutava di stare da sola con lui. In questa contesto, prenderò in esame la modalità di lavoro utilizzata, non i contenuti e lo sviluppo della consultazione. Durante la gravidanza e l’allattamento, durato circa un anno, Alice e la madre avevano sviluppato una relazione strettissima, senza la presenza equilibrante di un terzo, il padre. Questo stato di beatitudine e di intimità estrema, per come lo descrive la madre, si interrompe bruscamente al momento dello svezzamento per un evento esterno che costringe la diade- madre/bambina- ad una separazione traumatica.

Il padre non aveva coltivato un rapporto di continuità con la figlia, che andava a trovare saltuariamente, senza riuscire ad avere un contatto empatico con lei, anche per il rapporto difficile e conflittuale con la madre.

Ho parlato prima con la mamma, poi con entrambi i genitori. Quindi ho iniziato a lavorare con la madre e la figlia, facendo colloqui con entrambi i genitori sul materiale emerso negli incontri con la madre ed Alice. All’inizio era impossibile condividere un’area di gioco e di contatto psichico alla presenza di tutti e tre o con Alice ed il padre da soli. Apparve subito evidente che era importante per la bambina riuscire a costruire delle radici psichiche ed una origine che non fosse solo materna. Era necessaria nella sua vita la definizione di uno spazio e di una presenza ritmata e continua tra lei e il padre, superando le sue resistenze e quelle della madre. In un secondo tempo la consultazione psicologica tra la bambina e la madre si è aperta anche alla partecipazione del padre.

Una caratteristica di questi genitori era rappresentata da una grande differenza di personalità, di modi di vivere e di principi etici. Questo rendeva difficilissimo per loro condividere una linea educativa con la figlia e spesso anche solo relazionarsi tra di loro.

Negli incontri di Consultazione Partecipata Alice giocava con le bambole, nascevano nuovi bambini, si delineavano famiglie in spazi diversi ed abitudini differenti, chi mangiava pizza e gelato davanti alla tv, chi faceva equitazione, alcuni bambolotti  partecipavano alla funzione religiosa, altri ballavano ad una festa …

Assistere ai giochi di Alice e vedere che la figlia riusciva a trovare dentro di sé la capacità di tenere insieme il babbo e la mamma, trovando uno spazio per entrambi, nonostante le loro diversità, è stato per questi genitori una scoperta. Si sono resi conto che quello che non era possibile per loro, sopportare una diversità così assoluta, era invece per Alice non solo possibile, ma una fonte di ricchezza e di creatività.

Hanno potuto rendersi conto di questa capacità della figlia perché erano direttamente presenti ai giochi narrativi e ai disegni che Alice faceva in consultazione. Se non avessero assistito personalmente a tutta questa ricchezza di fantasie e di pensieri, nessun racconto avrebbe permesso ai genitori di comprendere  il funzionamento mentale della figlia.

Questo ha permesso ad Alice di iniziare a vivere in uno spazio individuale separato, composto da vari piani, e di ritrovare la relazione con il padre. I genitori a loro volta hanno potuto smettere di litigare e di interpretare erroneamente i vissuti della figlia identificandoli con i propri, riuscendo a riconoscere e ad evitare le proprie proiezioni patologiche su Alice.

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Presentazione “Emersioni dall’area autistica” alla Casa della Psicologia – 11 Ottobre 18.30 Milano

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Petizione del 28 giugno 2016 di Adriana Cantelmo (via Change.org)