Barbara Valli - Ricordo di Dina

Ciao Dina, ti ricordo seduta nella poltrona davanti a me, nella stanzetta piena di libri e quaderni; ti rivedo col tuo sorriso e con la tua gattina accucciata ai piedi pronta a salirti in braccio per qualche carezza. Tra noi un piccolo tavolino per appoggiarvi il materiale delle supervisioni, e nel tempo anche le tazze del tè e altri scritti. I primi anni della nostra conoscenza venivo da te in supervisione piena di preoccupazione per i miei piccoli pazienti e ne uscivo rassicurata e speranzosa. Per questo non vedevo l'ora di venire da te. Mi ricordo che un giorno in cui dovevamo parlare di un bambino molto sofferente, trovai sul nostro solito tavolino questa poesia:

La “speranza” è un essere piumatoche si posa sull’animae canta melodie senza parolee non finisce mai - del tuttoE dolcissimo - nella Bufera - si odeE intensa deve essere la tempestache potrebbe confondere l’Uccellinoche così tanti ha riscaldatoL’ho ascoltato nella terra più freddae sul Mare più stranoEppure, mai, nel Bisognoha chiesto una briciola - di Me.(Emily Dickinson)

La speranza è la prima parola che mi viene in mente quando ti ritrovo nei miei pensieri. Una speranza che mi hai insegnato a portare nella consultazione, frutto della tua profonda ricerca e talvolta anche lotta interiore, durante le difficili prove psichiche e fisiche che la vita ti ha messo dinnanzi. Per questo le tue parole nell'avvicinare la sofferenza non erano mai ordinarie: eri convinta che nella qualità della relazione che l'analista offre ai suoi pazienti ci fosse la prima cura del dolore psichico. Mi hai convinta che è dall'esperienza di sentirsi esistere per un altro che può nascere il legame e dunque la relazione di cura. Così anche nella Consultazione partecipata mi hai mostrato l'importanza di raggiungere la solitudine del bambino, lavorando sulla cura del suo legame con i genitori, costruendo un ponte tra lui e loro e permettendogli di sentirsi esistere per la madre e il padre.Per raggiungere la solitudine dei bambini cercavamo alleati anche nella letteratura e nella poesia, e spesso rintracciavamo in esse scintille di luce per la nostra vite. Sul tavolino tra le nostre sedie sono transitati tantissimi libri, poesie e articoli, che conservo tutti gelosamente nella mia biblioteca, cosi come nel mio cuore. Dalle supervisioni siamo passate a conversazioni d’anima, così come dalla tua casa alle strade, ai caffè e alle chiese attorno a Porta Venezia, e infine alla tua ridente Mairano.E lì, nel tuo giardino di Mairano, ti ricordo intenta a tagliare l’erba e potare i fiori: mi raccontavi quanto piacere provassi nel tagliare l’erba, e la sensazione di libertà che esperivi, e come fosse lì in quel piccolo giardino, che traessi l’ispirazione per scrivere i tuoi libri e le tue poesie. Mi sovvengono questi tuoi versi:

Io sono un filo d'erbaun filo d'erba che tremae la mia patria è un alito di ventoil vento che porta lontano

Non mi è possibile continuare a ricordarti senza raccontare la nostra profonda comunione spirituale. Pur essendo stata educata in un istituto religioso la tua fede ha conosciuto momenti di ambivalenza e anche di oscurità; mi raccontasti ad esempio di una tua rivolta dopo la licenza liceale, perché pensasti di “aver creduto per comodo”. Poi grazie a tua madre e altre amicizie importanti, dopo più di vent’anni ti riavvicinasti alla religione cattolica. Scrivevi nei tuoi diari “La fede mi è sembrata un colpo di mano di Dio che mi chiama e forse mi cambia. Ritrovai l’incontro con Dio solo dopo averlo perso e molto cercato”.Quando ci siamo incontrate nel 2003, stavi appunto riscoprendo il valore della fede e nel tempo abbiamo potuto condividere molte esperienze e conversazioni d’anima; nella tua incessante vita interiore c’era sempre più spazio per il trascendente e a Dio spesso rivolgevi poesie e liriche. Credo che nella fede abbia trovato forza e speranza per fronteggiare le difficili prove cui la malattia ti ha sottoposto; ricordo i tuoi versi: “Aiutami Signore A credere la Tua Resurrezione…breve è il passo per la disperazione se il Dio d’amore non mi riacciuffa” e queste poesie, in cui spesso cerco di ritrovarti nelle mie giornate:

Signore, mi sento condannataFuori della tua casa,ma anche dannata a stare fuori.Un tuo prete diceChe sei Tu che chiamiE trovi;dice di pregartiper cercare il mododi scoprirti.Ma io dico: SignoreE’ sempre un uomoUn Altro cheMi richiama a TeE mi prende per mano.Tu SignoreSei in chi mi consola

InsegnamiSignoreLa tua lezioneFa’ che il ventodella mortificazionenon spazzil’anima miama che la facciadanzare come fronde di tiglio profumato

Ed è proprio alle fronde e all’erba che ti rassomiglio, e a quelle grandi donne russe sopravvissute al totalitarismo così descritte da Burtin “Erano pochi isolati fili d’erba ma dalla loro avevano la forza della vita capace di bucare l’asfalto che tentava di soffocarli e comprimerli”. Se chiudo gli occhi così ti ricordo, così come pure l’ultimo pomeriggio della tua vita: seduta sulla poltrona del soggiorno, sofferente eppure nello sforzo di sorridere, e nei tuoi occhi una luce strana, che mi ha fatto pensare a una poesia di un poeta di strada del Paraguay, morto nella clinica di un sacerdote con cui tu avevi intrapreso una corrispondenza:

Seduto di fronte alla luce della candela pensierosaMetto il punto fine a questo libroEd esco a vagare per il mondo della notte:tra falò di lucciole torno a casaso che qualcuno mi aspetta in quella stella lontana(Rodolfo Dami)

Così ti ricordo e così ti saluto, adoperando ancora parole tue:“Amica mia, c’è molto di tuo nell’anima mia”.

Bibliografia

Dickinson E. Tutte le Poesie, Meridiani Mondadori (1997)Dami R. in Rio Sole: cronache di santi del Paraguay di Trento A. , ARES (2012)Burtin J. in “Vive come l’erba, storie di donne nel totalitarismo” di Bonaguro, Dell’Asta, Parravicini ; La casa di Matriona- Itaca (2015)Vallino Dina, Poesie e scritti inediti

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