Spazio neutro e Consultazione partecipata: un incontro possibile

di Francesca Di Cesare e Barbara Friia

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Con l’obiettivo di sondare la possibilità di una estensione della Consultazione Partecipata allo Spazio Neutro, è nato un gruppo di lavoro composto da tre Soci dell’Associazione Dina Vallino (Marco Macciò, Cinzia Chiappini, Barbara Friia) insieme a un’educatrice di Spazio Neutro (Francesca Di Cesare). Partendo dall’esperienza sviluppata da Barbara Friia nelle comunità educative e basandosi sulla lettura di alcuni verbali di incontro a Spazio Neutro e sull’approfondimento della storia del servizio di visita, il piccolo gruppo ha affrontato questioni metodologiche, organizzative e teoriche, con lo scopo ultimo di mettere a punto un metodo specifico per gli operatori di Spazio Neutro.

 

Nonostante le diverse e importanti differenze tra il contesto della Consultazione Partecipata e quello dello Spazio Neutro, esiste un punto di incontro fondamentale. In entrambi i casi, cioè, la funzione principe è quella di (cercare di) facilitare la comunicazione e favorire la relazione. Proprio questa corrispondenza di scopo ci ha portati a pensare alla possibilità di estendere il metodo della Consultazione Partecipata al servizio Spazio Neutro.

Nel corso del lavoro in piccolo gruppo abbiamo innanzitutto convenuto sulla possibilità di trasporre le regole fondamentali della Consultazione Partecipata. Anche negli incontri a Spazio Neutro, quindi, si daranno al genitore due semplici indicazioni: giocare con il bambino e osservare ciò che accade per poterne poi discutere in un momento successivo, durante un apposito colloquio; non parlare sul bambino o del bambino, ma sempre con il bambino. Qui l’elemento principale di novità, rispetto al modo in cui si tende a lavorare nei servizi per il diritto di visita, sarebbe costituito dallo svolgere con i genitori dei colloqui non più di restituzione, bensì basati sul confronto e sulla collaborazione.

Altri elementi della Consultazione Partecipata che ci sembrano poter essere proficuamente trasposti sono: l’importanza di una collaborazione dell’operatore con il genitore; l’obiettivo di recuperare e promuovere le competenze genitoriali; i colloqui con il solo genitore in cui discutere ciò che si è osservato; i concetti di atmosfera emotiva e di rêverie; l’idea dell’epoché. L’implementazione di questi elementi è possibile se si parte dal presupposto che l’educatore debba partecipare alla relazione genitore-figlio. Affinché l’operatore possa rimettere al centro il bambino e favorire la relazione tra genitore e figlio, è necessario che egli abbia una parte attiva, proprio come il terapeuta. Limitandosi a osservare e registrare ciò che accade, infatti, l’operatore non risponderebbe appieno al mandato del Tribunale, che è appunto quello di favorire una evoluzione della relazione tra genitore e figlio. Se vuole ottenere un cambiamento, l’educatore deve intervenire nelle situazioni di crisi, fraintendimento o stallo. Il che non significa sostituirsi al genitore né interrompere tout court una dinamica, ma significa comprendere ciò che accade e metterlo in parola per farlo circolare. Poniamo per esempio che un bambino diventi brusco e rumoroso nel gioco quando il genitore fa un discorso troppo complicato o pone una domanda difficile o si distrae in altro. L’educatore potrà intervenire per descrivere, in modo molto semplice, ciò che sta accadendo, dando voce allo stato d’animo del bambino. Si tratta di far notare il cambio di modalità nel gioco, fornendone una lettura, per offrire la possibilità al bambino di esprimere ciò che in quel momento non lo fa stare bene e al genitore di riconoscere e comprendere il segnale del figlio.

In considerazione di quanto appena esposto riguardo il ruolo dell’educatore, siamo giunti alla conclusione che la rêverie possa essere compatibile con il setting dello Spazio Neutro. La capacità di rêverie può proficuamente servire a favorire il contatto tra genitore e figlio, e può magari anche essere “insegnata”, tramite l’esempio, al genitore.

Riguardo il rapporto dell’educatore con i genitori, invece, riteniamo importante che questo si basi su un’autentica assenza di pregiudizio. Per adottare con i genitori un approccio simpatico, una predisposizione benevola, può risultare utile compiere l’operazione dell’epoché – cioè mettere tra parentesi tutto ciò che già si sa sulla situazione familiare. L’epoché risulta essere uno strumento utile a evitare atteggiamenti pregiudizievoli e interpretazioni frettolose ed errate nonché a favorire, laddove necessario, una operazione di miglioramento dell’immagine del genitore incontrante nel bambino. È importante tenere in considerazione sempre anche il genitore collocatario, cercando di favorire un suo coinvolgimento, in quanto una “partecipazione” di entrambi i genitori serve a evitare polarizzazioni. Per il benessere del minore è infatti importante integrare le due figure genitoriali.

La questione dell’approccio dell’operatore verso i genitori è connessa a quella della neutralità – che va intesa come imparzialità, ovvero necessità di essere super partes rispetto al conflitto di coppia. Alcuni accorgimenti metodologici e relativi al setting possono aiutare nel raggiungere una posizione neutrale. Un primo punto importante riguarda senz’altro l’impostazione della fase precedente il vero e proprio avvio degli incontri e cioè i colloqui preliminari con i genitori e il cosiddetto ambientamento con il minore: una accurata organizzazione e conduzione di questa fase è fondamentale per prevenire alcuni rischi e difficoltà nonché per agevolare il primo incontro tra genitore e minore. Ma importanti e preziosi sono anche i confronti di gruppo (supervisioni, riunioni di équipe e reti) che costituiscono il contesto in cui mettere a tema le emozioni e le proiezioni vissute dall’educatore. Infine un ultimo punto riguarda le regole e il setting: se è bene difendere sempre il rispetto degli accordi presi tra le parti e il servizio, è anche bene tenere a mente che le eccezioni alle si possono fare, purché vengano studiate come momenti del setting.

 

In conclusione, siamo davvero convinti che una estensione della Consultazione Partecipata alle pratiche dei servizi Spazio Neutro sarebbe utile e proficua. Tanto più che ci sembra che il servizio per il diritto di visita possa condividere con la Consultazione Partecipata anche l’idea che un buon lavoro preventivo consenta di evitare che le situazioni si aggravino, richiedendo poi interventi maggiormente complessi e onerosi. Proprio come la Consultazione Partecipata può a volte risultare terapeutica, producendo un mutamento nella comunicazione e nel legame familiari, anche gli incontri a Spazio Neutro possono a volte portare a dei cambiamenti importanti per le famiglie, consentendo il raggiungimento di nuovi equilibri, intrapsichici e interpersonali.

L’intento che ha animato il nostro lavoro è quello di restituire dignità a un servizio sul quale si è finora poco dibattuto, ma che svolge una funzione di grande importanza per tanti minori. Sempre con lo stesso intento, l’Associazione scientifico culturale Dina Vallino a breve proporrà un corso di formazione rivolto agli educatori che operano nei servizi Spazio Neutro.

 

Francesca Di Cesare
Educatrice professionale socio-pedagogica, si occupa di minori e famiglie, sia per un servizio di tutela minori sia privatamente.
Simpatizzante dell’Associazione, utilizza da anni con profitto l’estensione della CP nel suo lavoro.

 

Barbara Friia
Psicologa-Psicoterapeuta a orientamento analitico per adulti, adolescenti e bambini.
Formata presso la Scuola di Specializzazione della C.O.I.R.A.G. di Milano; Socia dell’Associazione Dina Vallino.
Consulente presso il Consultorio Familiare “La Nuova Aurora” di Voghera.
Studio privato: Voghera e Ravenna.
Email: friba@libero.it

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L’estensione della Consultazione Partecipata: una testimonianza

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